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“Da quel che so io il ciclo torna ogni 28 giorni”

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Quando si parla di sport femminile si può discorrere di tutto, ragionare su strategie, tattica, tecnica, aspetto psicologico ed emotivo ma ci sono un paio di argomenti sui quali sembri tassativo il divieto di parlarne, quasi come fosse un’imposizione editoriale.
Uno di questi è: il ciclo mestruale.

Eppure, questo benedetto ciclo accompagna e scandisce la vita di ogni donna e di ogni atleta entrando, di diritto, nei fattori che ne condizionano anche la prestazione sportiva, come sa bene Massimiliano Bellarte che in una sua intervista durante il sorteggio di Coppa Italia alla domanda: “mister, ma il suo ciclo con l’Acqua e Sapone è finito?” rispose candidamente: “Non so se il mio ciclo qui è finito, da quello che ricordo il ciclo, torna ogni ventotto giorni”. Rimane il fatto, però, che il ciclo mestruale rappresenta ancora uno dei taboo più grandi per lo sport al femminile e per la cultura in generale.

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Se è vero che negli ultimi tempi si è notata una sempre maggiore presa di coscienza personale, prestando attenzione alle ore di sonno e all’alimentazione, non si è ancora arrivati a considerare il ciclo all’interno delle dinamiche di sviluppo e gestione di una squadra femminile.

Un grande passo in avanti in questo senso è stato fatto, e non ci stupiamo, dalla nazionale degli Stati Uniti, neo laureatasi campione del mondo per la quarta volta, la seconda consecutiva.

Dietro la loro vittoria ci sono anni di lavoro, costanza, studio e dedizione. Un progetto, quello made in USA, studiato e sviluppato sotto ogni punto di vista, senza lasciare nulla al caso, neanche il particolare apparentemente più insignificante.

All’avanguardia nell’analisi tecnica, come ci ha raccontato qualche tempo fa Haydee Agras, e nello studio tattico, in vista di questo mondiale la nazionale americana, con l’obiettivo di aumentare il margine di miglioramento di ogni atleta, ha predisposto lo studio e il monitoraggio del ciclo mestruale di ogni giocatrice implementando un programma del tutto personalizzato e davvero senza precedenti per ridurre al massimo l’impatto negativo sulle prestazioni del ciclo per ogni giocatrice.

Foto Getty Images

Responsabile di questo progetto è Dawn Scott, fitness coach della nazionale americana, in collaborazione con Georgie Bruinvels dalla società leader nella consulenza sportiva Orreco. Grazie all’app FitrWoman il duo ha potuto studiare durata e sintomi del ciclo di ogni giocatrice, potendo così comprenderne le dinamiche e calcolarne l’impatto sulle singole prestazioni. Grazie a questo studio capillare Scott e Bruinvels sono stati in grado di sviluppare strategie per ridurre l’impatto negativo sulle prestazioni intervenendo su fattori quali il sonno, la dieta, stili di vita e carichi di allenamento per ciascuna giocatrice, realizzando programmi specifici e cuciti su misura.

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Foto Orreco

“Storicamente le giocatrici non parlano del loro ciclo mestruale con il mister” dichiara Scott in una intervista esclusiva per l’inglese Telegraph “ma vogliamo che questo taboo cada definitivamente sia al livello professionale sia per le giovani atlete. Dovrebbero sentirli a loro agio nel parlare di questo con i loro mister” e la chiave, secondo Bruinvels è nella consapevolezza e nell’aumento della conoscenza: “Spesso abbiamo paura di discuterne perché non lo capiamo veramente”, dice. “Sento particolarmente gli allenatori maschi, che si chiedono come dovrebbero iniziare una discussione sull’argomento”.

Tutto questo ha portato gli Stati Uniti a vincere la loro quarta Coppa del Mondo? “Era la ricetta definitiva per il successo”, dice Scott. “È stata una delle cento cose utili che abbiamo fatto, sì – e per me ha avuto un grande impatto”.

La conferma? Rose Lavelle: la domenica ha segnato il gol che ha sigillato il quarto titolo mondiale. Lunedì è iniziato il suo ciclo.

 

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