Serie A

Lucilèia della stessa sostanza dei sogni: “Terza Coppa, Mondiale e libro. Non svegliatemi”

Un sospiro enorme, come di chi avesse bisogno di rispuntare da una marea di bellissimi pensieri. E poi un flusso di coscienza che si può solo assecondare. Qualsiasi intrusione, qualsiasi domanda sarebbe una macchia su una tela che è già meravigliosa così: Lucilèia ha vinto ancora col suo Bitonto, è la terza Coppa Italia consecutiva. Un record che arriva poi in uno dei momenti più magici della sua carriera, tra Copa America e Mondiale.

“Sto vivendo un sogno, faccio ancora fatica a realizzare. Quest’anno era davvero durissima: dopo 25 giorni lontane per gli impegni nazionali, vedersi solo per la rifinitura e poi tuffarsi in Coppa è stata un’impresa, ma è venuta fuori tutta la forza mentale di questo gruppo”. Tre su tre, senza mai un affanno. “Superato l’esordio con l’Audace Verona, col Pescara abbiamo fatto una prestazione bellissima: sapevamo che avremmo dovuto difendere alla perfezione palle inattive e portiere di movimento, la chiave era tutta lì e ognuna di noi ha dato il 200% per arrivare in finale. Con la Kick Off, poi, abbiamo coronato la competizione. La dedica? A Paka, le siamo tutte vicine”.

Anche con l’Under 19, da allenatrice, ha ricevuto solo applausi. “Abbiamo pagato un po’ di inesperienza, ma siamo maturate e siamo pronte per raggiungere una finale. Magari ci lavoreremo per lo scudetto”, sorride Lù. Non fa altro, da giorni. Da quando è partita per Sorocaba con un solo pensiero in testa: realizzare il sogno più grande di qualsiasi bambina. “Ho già vinto 6 mondiali ad inviti per club, ma quello nelle Filippine sarà il primo con egida FIFA, il primo a contare davvero. Qualificarci è stato come togliersi un enorme peso dalle spalle, perché essere favoriti è anche questo: una responsabilità. Ma noi dovevamo tutto questo alle generazioni passate che hanno dato tanto per avere un riconoscimento ufficiale e lasceremo la strada spianata alle generazioni future”.

Giorni bellissimi e pagine di una storia bellissima iniziata in una campagna di Santo Angelo. Attorno solo distese di verde, simili a quelle di un campo di calcio ma senza pallone. Quello lo realizzava lei mettendo dei panni sporchi in una busta. Aveva solo 6 anni quando ha iniziato ad immaginare quella che sarebbe stata la sua vita. Si dice che facciano così i campioni: il primo passo è visualizzare in testa l’obiettivo, per quanto lontano possa sembrare, il secondo è fare ogni giorno qualcosa in più per raggiungerlo.

“Guardavo le partite in TV e poi andavo a giocare nel salone di mia nonna: non so come facessi, ma io vedevo già un palazzetto pieno, poi lo striscione col mio volto, i tifosi con i tamburi in mano a tifare per me e per la mia squadra. In campagna si va a dormire presto e c’è tanto silenzio, ma io continuavo a tirare calci fino a tardi. I vicini si ricordano ancora di me – racconta ridendo -, mentre mia mamma mi urlava di finirla. “Un tiro e mi fermo”, le rispondevo io. Ma in realtà continuavo ancora per ore calciando un po’ più piano”.

Questo ed altri racconti sono contenuti nel libro illustrato “La porta dei sogni”, scritto da Chiara Cannito, Cristina Intini e Francesca Fanelli e presentato ieri da una emozionatissima Lù.
“Primo Mondiale, terza Coppa vinta, il libro… è difficile gestire tanta felicità – sorride -. Ringrazio il Bitonto e il presidente Silvano Intini che hanno reso possibile tutto questo. E devo tanto a Francesca: anche se io non parlo tanto, lei è stata capace di tirarmi fuori qualcosa di nuovo ogni giorno. All’inizio pensavo: “Ma a chi può interessare la mia storia?”, poi però vederla realizzata è stato incredibile: io stessa mi sono sorpresa del percorso fatto, soltanto grazie alla capacità di non smettere mai di sognare. Ho raccontato gioie, conquiste, ma anche tanti momenti di difficoltà. La mia lotta per diventare una giocatrice professionista è iniziata dentro casa. Mia madre non voleva che giocassi, ma ora la capisco: ero l’unica bambina in uno sport di maschi, la sua era una forma di protezione. Ero sola nel mio mondo. Il sogno nel cassetto c’era, ma lo scenario che mi si prospettava era quello di tornei scolastici o poco più, per cui quel cassetto è rimasto chiuso per un bel po’. Non so, poi – sorride di nuovo – come tutto questo sia stato possibile”. Un altro momento buio nel 2016/17, con la rottura del crociato. “Avevo 34 anni e ho praticamente dovuto rimparare a camminare. Esserci riuscita, per me, è stata la vittoria più grande”.

Tutti i proventi del libro (è possibile richiedere una spedizione scrivendo alla mail laportadeisogni2025@gmail.com) andranno alla Escolinha Feminina Lucilèia Renner Minuzzo di Ijuì. “Ormai ci sono 70 bambine che si allenano quotidianamente, serve materiale e serve altro personale qualificato. In loro mi rivedo, c’è la piccola me che non aveva un campo ma aveva sogni grandissimi. Questa scuola è il mio modo di ripagare il futsal per tutto quello che mi ha dato”.

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